Flamenco

Nella sala d’aspetto.
Fuori fa caldo e la luce e’ vivida. Gli alti pini della sezione psichiatrica.
Sono sudato, e come al solito completamente vestito di nero.
Esco a fumare una sigaretta. Scendo i tre gradini di pietra che mi separano dal grande posacenere in metallo lucidato. Non si puo’ fumare sulle scale, anche se sei di fatto fuori dall’edificio. Regole dell’ ospedale. Esce una ragazza e mi viene una fitta al cuore. E’ bionda e ha due tette enormi su un corpo slanciato e grande. Come il mio. Indossa una maglietta bianca. Un paio di jeans. Esce da questo edificio, quindi anche lei e’ afflitta. Mio dio come e’ bella.
Mi guarda fisso negli occhi e mi sembra che stia provando le stesse cose che provo io. Le dico “ciao”, a voce bassa. Lei mi risponde “ciao”, e continua sulla sua strada. La vedo allontanarsi e mi pento di non averle chiesto il suo nome. Mi sento istupidito da queste sensazioni elettriche e leggere.
Poi ritorno nella mia realta’. E mi siedo sulle poltroncine blu e aspetto il mio turno.

“Per oggi ho preparato un piccolo esercizio che possiamo fare, ma hai qualcosa di cui vorresti parlare prima che cominciamo?”.
“Beh, queste ultime settimane sono andate abbastanza bene, devo dire. Quello che mi avevi detto l’altra volta, quella cosa di posticipare l’attivita’ di rimugino, ha funzionato”.
“Sei riuscito a posticipare? I pensieri ossessivi?”
“Si, e poi non ho rimuginato quasi”.
“Eccellente. Ottimo.”
“A quale periodo del giorno hai posticipato?”
“Non ho davvero pensato a un momento preciso, ho solo pensato, ci pensero’ dopo. E poi non ci ho piu pensato”.
“Eccellente”.
“Si. Anche se te lo devo dire. Questi giorni sono stati un po particolari perche’ sono successe un bel po di cose piacevoli. Ho incontrato due persone con le quali ho avuto molti momenti di intimita’. Molto sesso per dirla tutta. E questo devo dire mi ha ha fatto bene, anche se adesso penso che ho paura di fare soffrire qualcuno”.
“Bene, ma questo ti crea in realta’ dello stress, immagino”.
“No, non direi. Devo dire che sono stato solo bene. Pero’ ecco, ora so che dovro’ mettere ordine perche’ non ho sensazioni per queste persone, e non voglio comportarmi come un pezzo di merda”.
“Capisco”.
“E so che quando mi trovero’ solo di nuovo, perche’ probabilmente questo succedera’, beh allora sara’ di nuovo difficile e sara’ facile invece cadere di nuovo nel buco. Ed e’ questo quello che vorrei risolvere. Per questo vengo qui. Ho pensato a quello che hai detto al riguardo del fatto che alcune persone hanno bisogno di avere un partner. Ma io non posso stare cosi male ogni volta che non ce l’ho, perche’ in verita’ negli ultimi cinque anni ogni volta che sono stato single e’ stato un inferno”.
“Per questo cerchi un contatto. Pensi che allo stato attuale delle cose, nella tua condizione intendo, tu sia in grado di innamorarti?”
“Io penso di si, non e’ del tutto improbabile. Ma sono difficile, e spesso faccio paragoni con come era stare con Annamaria. E non ho sensazioni per queste persone”.
“E questo non ti genera dello stress?”
“In effetti e’ successo una volta che ho rimuginato a lungo, domenica mattina nel mio letto. Ero stanco”.
“Hai pensato di nuovo al suicidio?”
“Si. L’ho fatto. Anche se il pensiero era distante”.

Ripenso a quante volte mi sono trovato nel mio letto pensando ossessivamente a qualcosa. Normalmente si e’ sempre trattato di una donna. Una delle occasioni piu pesanti era stata quando io e Maria ci lasciammo, e ancora vivevamo nello stesso appartamento in condivisione. Erano stati anni molto belli quelli. E totalmente spensierati. Ero approdato a quell’appartamento dopo un periodo da solo, in una casa maledetta, in cui tutto era andato storto. Bastarono tre settimane di convivenza con Maria e Orso, un uomo che in seguito ha significato tanto per me, perche’ io e Maria finissimo a letto nella sua stanza. Alle quattro del mattino dopo i gin tonic di rito dell’ after del sabato sera in cucina. Maria era bella, bionda, con un elmetto di capelli sbarazzini e alta. Ricordo le notti passate nel suo letto, le mattine, le serate guardando la televisione, a pochi metri dalla mia stanza. “Dormiamo da te o dormiamo da me stasera?”. La vita era semplice, con lei e Orso a coccolarci nella nostra famiglia alternativa. E Monica, la quarta persona nel collettivo, che non c’era mai. La vela, le regate, i viaggi, le scoperte. La lingua che diventava sempre piu familiare, i luoghi e le abitudini locali sempre piu’ familiari e confortanti, e pur sempre esotiche. Tutto era semplice, luminoso, intenso. Moltissimo sesso, per la prima volta nella mia vita con una donna della mia stazza. E non solo fisica. E poi, poi tutto era andato affanculo. Prima la delusione di non volere andarsene dal collettivo per stabilire una famiglia e comprare un appartamento tutto nostro, poi la frustrazione davanti alla mia sempre piu’ ingombrante passione per la vela, poi il disastro. “Penso di essere incinta”. La paura, l’incertezza. La consapevolezza della decisione, tutta sua, e sulla quale non avrei mai pensato di sindacare. La protesta che mando’ tutto in pezzi: “sono daccordo che tu debba decidere, pero’ penso che che non sia giusto che tu debba rovinare cosi’ la mia vita”. Maria che si compra una casa da sola. E che se ne va. E non e’ incinta per niente, perche’ era solo un ritardo. Le due ultime settimane nel collettivo. Io che come un idiota rifiuto di pensarci e me ne vado in giro a scopacchiare tutte le ragazze che mi piacciono. E quella sera in cui torno a casa ubriaco con Orso e ci decidiamo a fumare una canna in cucina. All’improvviso appare un essere. Proviene senza dubbio dalla stanza di Maria. Ci sorride. Ha dei capelli lunghissimi e neri come Megaloman.
Compare anche Maria e un terzo personaggio, dal naso un po arcigno e le bretelle.
Nel ricordo non c’e’ nessun suono in quel momento. Megaloman se ne va e Maria ritorna nella sua stanza con il tipo dal naso arcigno. Io continuo a sedere in cucina con Orso. Ma le sue parole non hanno piu senso, tanto che glielo devo dire. Lo interrompo in mezzo a un discorso e lui smette di sorridere instantaneamente. “Questo non lo posso accettare Orso. E’ una mancanza di rispetto enorme. Lei non puo farmi questo. Si ci siamo lasciati, ma se ne sta per andare, tra due settimane, e mi porta a casa uno stronzo qualsiasi e me lo fa incontrare. E vive nella stanza di fianco alla mia. Cosa devo fare?” “E cosa devi fare?” “Eh non lo so, che faccio, devo sentirmeli scopare?” “Vuoi fare qualcosa? Beh diglielo.” Io che busso alla sua porta con il cuore che pulsa all’impazzata. Lei che socchiude la porta ed esce, con quel bellissimo vestito azzurro indosso. “Questa mi pare un enorme mancanza di rispetto, Maria. E secondo me non me lo merito proprio. Quindi ti sarei grata se per lo meno tu lo mandassi via”. Maria che mi guarda seria e risponde immediatamente “Sento quello che stai dicendo” e riscompare nella sua stanza. Io che perdo completamente il controllo e mi sdraio sul mio letto. Orso che mi guarda e negli oggi strigendomi le braccia dicendomi “respira, respira”. “Cosa devo fare Orso? Devo sentirli scopare?” Penso a quali possibilita’ ho per evitare questo, senza trascendere. Andare in un albergo. Si, gia’. Presentarsi alle cinque del mattino ubriaco perso e fumato e chiedere una stanza. Probabile. “Orso io questo non lo posso accettare, il tipo se ne deve andare”. Orso che mi guarda e mi dice “Vuoi mandarlo via? Vai, fallo.” “E cosa faccio, lo hai visto come mi ha rimbalzato prima. Cosa faccio vado dentro e lo mando via?” “Vuoi andare dentro? Vai, fallo. Stai controllato pero'”. Io mi metto una magliettina degli Ufomammut ed entro. I due sono sul divano. Lei e’ sopra di lui e si baciano. Hanno tutti i vestiti addosso. Lei sussulta e si alza di scatto. Io sto in piedi e ho gli occhi iniettati di sangue. Sono alto un metro e novanta e sono uno skin head. Con voce calma dico “I am sorry, ma penso che tu te ne debba andare”. Il tipo ha un espressione sonnacchiosa e scocciata. Mi guarda, io lo guardo. Maria dice qualcosa che non ricordo. Io insisto con voce calma “Adesso”. Il tipo mi guarda ancora e io penso che mo si alza e si mette a protestare. Sono nervoso, dentro, ma continuo a stare fermo e piego un po’ la testa da un lato. La mia espressione e’ seria e tranquilla, credo di avere un sorriso ironico sulle labbra. Maria continua a dire cose che io non sento. Il tipo si mette a sedere e dice “Ok me ne vado”. Non appena lui e’ fuori dalla porta lei grida “Grazie tante, grazie davvero”. Io grido piu forte di lei, e in Inglese. “Cosa volevi fare? Volevi ferirmi, volevi farmi del male! Volevi che ti sentissi scopare!” Lei che ribatte “ah perche’ tu non hai scopato con nessuno in questi giorni?” “Ho scopato con qualcuno, ma non te l’ho mostrato, non te l’ho portato a casa perche’ tu lo vedessi”. Orso ci interrompe gridando “Ora basta il tipo se n’e’ andato. Dovresti essere soddisfatto”. La notte passata a rimuginare. Forse sto sbagliando. Forse e’ lei che voglio. Forse ho sbagliato TUTTO. Forse dovrei fare quello che lei desidera e cioe’ andare a vivere con lei, comprare quel cazzo di appartamento che lei vuole, fare figli con lei, dedicarmi a lei. La mattina dopo una notte insonne. Bussare alla sua porta. Dirle che ho sbagliato, chiederle di tornare con me. Lei che dice “La prospettiva e’ allettante, ma ormai e’ troppo tardi. Ormai e’ andato tutto in pezzi”.
Scopiamo. Un anno ancora.

“Descrivi una situazione in cui hai rimuginato. Qualcosa che e’ successo negli ultimi giorni.”
“Ho ricevuto un sms da Annamaria. In cui lei mi dice che stara’ via tre settimane e che al ritorno ci potremmo vedere. Tutto nasce dal fatto che io le scrissi un messaggio dicendo che mi sarebbe piaciuto se in un momento successivo fossimo riusciti ad essere amici di nuovo”.
“E?”
“Ho pensato che non la voglio vedere, che non e’ una cosa che mi puo’ fare bene.”
“In che senso?”
Ho pensato che e’ facile per lei, perche’ lei ormai e’ in tutt’altra dimensione. Ormai e’ una cosa superata. Ma e’ difficile per me.
E ho pensato che e’ egoista da parte sua pensare che possiamo essere amici, che vuole semplicemente sentire che le cose sono a posto di nuovo, e forse non sentirsi piu colpevole. Ma per me non e’ possibile incontrarla e non desiderarla e non pensare che lei sta con un altro uomo.”
“E tu pensi sempre che rimuginare sia una cosa positiva, importante per te”.
“Si”.
“In che senso? Ci sono state situazioni in cui rimuginare ha portato delle conseguenze positive?”
“Beh, in un certo senso si. Perche’ lo faccio per proteggermi. In altre situazioni ho fatto la scelta giusta. Come quando, dopo che ho saputo che lei stava con Olivio ci siamo accordati per parlare. E io in quella settimana avevo pensato di scriverle una lettera, e di dargliela quando ci saremmo incontrati, cosicche’ lei dovesse leggere tutto quello che avevo pensato senza avere la possibilita’ di interrompermi. Beh poi ci rimuginai 24 ore al giorno, senza quasi riuscire a dormire. Una tensione enorme. Alla fine quella lettera era orribile e non gliela diedi. Invece dissi delle cose giuste e senza volerla fare sentire in colpa. E la cosa si risolse in modo positivo”.
“Quindi rimuginare e’ stato giusto”.
“Si”.

Mi sveglio nel mio letto con la testa che ronza.
“Ti voglio lasciare”. E’ la prima cosa che sento quando apro gli occhi e vedo i suoi, cosi blu da sembrare grigi, dritti nel mio campo visivo. Annamaria.
Non capisco. E’ come una scritta su un muro su un palazzo distante. Poi metto a fuoco, o meglio ci sbatto contro con la faccia. “Mi vuoi lasciare.” “Si”.
Ieri sera siamo stati a un concerto. Motorpsycho. Siamo stati, come e’ sempre stato in questi ultimi mesi, benissimo.
Ricolloco. Rimappo. Mi sta lasciando, mi ha gia’ lasciato. Non riesco a dire nulla. “Perche’?”. “Non ho le giuste sensazioni”. Non dico nulla.
“Non hai qualcosa che mi devi chiedere?”. “Non so. Quello che e’ importante e’ che tu te ne andrai, e tutto il resto mi fara’ solo stare peggio, e non cambiera’ nulla di quello che di fatto e’ la realta’, e cioe’ che tu te ne andrai da me.”. “Questa e’ una cosa saggia”. Dice lei.
Non so cosa e’ successo dopo. Ho pianto rapidamente. Non ho veramente sofferto in quel momento. L’ultima cosa che ricordo e’ che lei si riveste, prende le sue cose e ed esce dalla porta. Io in piedi nell’ ingresso completamente nudo. La guardo uscire e non capisco ancora.

Passano alcune ore. Lentamente si fa spazio dentro di me l’angoscia.
Non sono ancora atterrato quando mi si presenta in chat. Abbiamo chattato per sei mesi senza conoscerci.
Ci siamo detti tutto. Qualsiasi cosa. Compresi flirt amanti scopate e piccole miserie di ogni giorno che non racconti quasi a te stesso. Poi ci siamo incontrati, lei di ritorno dall’Africa. In uno dei miei bar. Dopo aver chattato per mesi e mesi. Ci troviamo faccia a faccia. So che sei tu, tu sai che sono io. Poi ci divertiamo, ci ubriachiamo, parliamo. Siamo della stessa parrocchia, e tutte le cose che ci siamo detti passano in secondo piano, perche’ ora siamo insieme, questa e’ la realta’, e’ una cosa diversa, ma e’ la stessa cosa. Due spazi distinti ma comunicanti, anche se il canale di collegamento e’ stretto. Poi andiamo a casa insieme, fumiamo una canna insieme, dormiamo insieme. Tu con tutti i vestiti addosso. Siamo finalmente nello stesso spazio. E’ amore, anche se solo amicizia. E poi la sera successiva tu non hai proprio tutti i vestiti addosso, e quando stiamo per addormentarci io ti chiedo di girarti un secondo e ti stampo un bacio sulle labbra. Tu sussulti. Fuochi artificiali e una sensazione di pace sopra di noi. Respiri profondi, sussulti, ancora baci, le mie braccia intorno a te. Immagino la notte stellata la’ sopra mentre sotto le coperte tutto e’ buio con un aura azzurrina. Sono il reggiseno e le mutandine che indossi. Ma non e’ ancora il momento di togliertele. Le toglierai tu domani e mi spoglierai per salire sopra di me, dopo che ti avro’ accarezzata e massaggiata per ore ed ore, senza mai toccarti dove piu ti piace, ma allo stesso tempo facendo in modo che le mie carezze raggiungano quegli stessi luoghi, fino a quando non potrai piu’ resistere.

La situazione e’ cosi’ oscura e asfissiante che mi rendo conto di aver perso il controllo. I dettagli svaniscono, il presente e il futuro appaiono piatti come un mare liscio e vischioso di petrolio. In mezzo a questo, degli scogli calcarei grigiastri che si stanno sciogliendo, la quotidianita’. Che costa fatica e non ha senso.
Tutto va di fretta e costa fatica, ed e’ oscuro, e mi divora dal di dentro. Io so che tu stai con lui ora. L’ho visto su Facebook. Me lo hai detto mentre ero in vacanza una settimana ai Caraibi, che lo hai incontrato, che siete stati in compagnia insieme. Che avete fatto i DJ insieme. E me lo dicevi mentre dicevi anche che non riuscivi a stare senza di me, che ti mancavo immensamente.

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